Con sentenza in data 21 maggio 2020 il TAR di Milano ha riconosciuto come legittima l’esigenza dell’aggiudicataria di un servizio di ristorazione di non rivelare l’elenco dei fornitori dei prodotti BIO necessari per la realizzazione dei suoi menu, in quanto ha ritenuto trattarsi di un ‘segreto commerciale’.

Si tratta di una affermazione notevole in un settore, quello del food, in cui la protezione delle creatività è per tradizione affidata alla riservatezza di dati e ricette.

La qualifica di ‘segreto commerciale’ comporta il vantaggio dell’applicazione degli articoli 98 e 99 del Codice di Proprietà Industriale come modificati dal D.Lgs 63/2018 in attuazione della Direttiva UE 2016/943 e quindi una protezione a titolo di esclusiva.

Occorre tuttavia avere presente che l’art. 98 del Codice di Proprietà Industriale, oltre a fornire la definizione di ‘segreto commerciale’ (in cui rientrano tutte le informazioni che garantiscono al legittimo detentore un vantaggio competitivo economicamente rilevante in quanto mantenute segrete), ne condiziona la tutela alla contemporanea sussistenza di tre presupposti: (i) il carattere non noto o facilmente accessibile agli addetti ai lavori, (ii) l’intrinseco valore economico, (iii) la sottoposizione da parte del legittimo detentore “a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.

Chi ritiene di detenere informazioni e dati che valuta essere meritevoli di protezione a titolo di ‘segreto commerciale’, ha quindi l’onere di dimostrare di avere attuato un protocollo di secretazione che è utile avere predisposto tenendo conto delle norme e della loro applicazione giurisprudenziale.